2015 Liguria mountain divide

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Avevo sentito parlare dell’alta via dei monti liguri per la prima volta tre anni fa, dall’amico Emil, che me l’aveva descritta come durissima, con tanti tratti di portage anche molto lunghi, infatti nella settimana che aveva a disposizione era riuscito a farne solo una parte. Poi due anni fa l’amico Paolo di Jesolo ha partecipato all’Alta via stage race in coppia con il figlio, e anche lui me l’ha descritta come molto dura, con tanti tratti di portage e sentieri impegnativi in discesa, tanto che loro avevano partecipato con bici da enduro. L’anno scorso, invece, c’è stata l’edizione zero del Liguria mnt divide, che riprende lo stesso percorso dell’Alta via stage race, solamente non in otto tappe, ma in tappa unica, nel senso che i concorrenti si gestiscono autonomamente i tempi di pedalata e di riposo, sulle orme del famoso tour divide americano. L’edizione zero è stata corsa da Jay Petervary, il famoso ultraracer americano, che pur fra molte difficoltà dovute al meteo e al percorso, ha fissato il primo tempo di riferimento in 104 ore. L’idea del Liguria mtn divide è nata dalla mente vulcanica di Mauro Bertolotto, da sempre grande visionario, importatore di novità e conoscitore di tutte le nicchie della mountain bike, nonché amante dell’avventura e dell’esplorazione.

Io da un paio di anni mi sono appassionato a queste avventure in autonomia, dove la sfida non è contro gli altri, ma solo contro se stessi. Anche perché una delle mie “doti”, da quando ho cominciato a pedalare, è sempre stata la resistenza, non sono infatti molto veloce ma ho visto che, facendo delle pause brevi e regolari, riesco a pedalare per tutto il giorno (e per più giorni), senza particolari problemi. In più mi piace esplorare, conoscere, e non parlo di esplorazioni fisiche ma anche mentali. Lunghe avventure di questo genere infatti, conducono alla ricerca dei propri limiti, sia fisici che mentali. Il proprio fisico bisogna naturalmente conoscerlo bene, sia per l’allenamento che per l’alimentazione, ma solo questo non basta. Per portare a termine giri di più giorni, infatti, bisogna usare un altro fattore importantissimo: la “testa”. Se non entra in gioco il cervello, anche avendo un super allenamento, sarà difficile arrivare in fondo. La testa, la concentrazione, aiuterà le gambe e il corpo a passare i momenti critici che inevitabilmente arriveranno e noi scopriremo un po’ alla volta quali sono i nostri limiti e se riusciremo a toccarli, o eventualmente a spostarli in avanti. Insomma andare a scavare dentro noi stessi, per vedere se riusciamo a trovare quelle energie nascoste che ci faranno arrivare fino alla fine. Oltre a questo, naturalmente, ci sono altri ingredienti fondamentali, e cioè il divertimento di pedalare in splendidi posti e insieme a vecchi e nuovi amici. Mauro mi ha allora chiesto se volevo partecipare alla prima edizione del Liguria mtn divide, che è sicuramente il trail più difficile esistente in Italia, visto che oltre ai 560 km e quasi 20000 metri di dislivello, presenta tantissime ore di portage, anche su sentieri molto impegnativi. E io ho accettato molto volentieri, dal momento che questo trail presenta tutte le caratteristiche che mi piacciono: esplorazione, visto che è una zona che non conosco, alzarsi all’alba, cosa che faccio spesso da 15 anni a questa parte, pedalare anche di notte, altra cosa che mi piace molto e il portage, visto che spesso mi metto la bici in spalla anche per 1000 metri di dislivello per andare a cercarmi sentieri sconosciuti. La testa, nel senso inteso sopra, so di averla e l’allenamento c’è, dal momento che questo anno ho già fatto tante uscite lunghe, per poter partecipare al Tuscany trail in maggio, al Liguri mtn divide in giugno e al mio “Alto Adige/Südtirol Xtreme bike trail” in luglio. Tutti trail in autosufficienza molto diversi tra loro, ognuno con le proprie caratteristiche e tutti da scoprire.

A conferma di quanto questo percorso spaventi per la sua durezza, se fatto in autonomia, all’inizio di giugno si parla di una decina di iscritti, che sono poi ufficialmente sette e solo quattro di questi si presentano al via, i forti Giovanni Roveri e Luca Bettinsoli, il francese Pascal Casaux e il sottoscritto.

 

Qualche settimana prima del via, Mauro mi provoca e mi chiede: non dirmi che partecipi con la fat full? E io: naturalmente! Mi sono informato bene sulle caratteristiche del percorso, e secondo me la bucksaw, la prima fat bike biammortizzata, sarà perfetta per il Liguria mtn divide. Divertente e sicura nelle discese molto tecniche, ripide e scassate e sufficientemente leggera, con i suoi 13.5 kg, da mettere in spalla nelle lunghe ore di portage. Per il bagaglio invece, ho optato non per il classico assetto da bikepacking che ho usato in Toscana, ma per il più “normale” zaino. E alla fine dei conti si è rivelata la scelta perfetta: la bici caricata in bikepacking peserebbe più di 20 kg e sarebbe per me impossibile da portare in spalla per tante ore, mentre è molto più semplice portare uno zaino da 7 kg e una bici leggera in spalla. Inoltre, con questo assetto con bici scarica, mi sono potuto divertire tantissimo sia nelle discese tecniche e smosse fatte tutte in sella, sia nei molti sentieri superenduro incontrati, fatti in velocità, compresi i salti, e con grande soddisfazione.

Qualche giorno prima della partenza mi sento con Luca e decidiamo di fare il viaggio fino in Liguria insieme, anche perché tutti e due pensiamo di Arrivare ad Airole, e poi Ventimiglia, in non più di 5 giorni.

Intanto mi studio per bene il percorso: planimetria, altimetria, tratti di portage, posti dove poter dormire la notte in caso di pioggia, scarico la traccia e individuo sul open bike maps tutte le fontanelle lungo il percorso e i paesi dove poter fare colazione e rifornirsi di alimenti per la giornata. Mi segno gli orari dei treni con trasporto bici per il ritorno da Ventimiglia a La Spezia e preparo il mio solito zaino per giri da più giorni, circa 7 kg in tutto più qualche scorta di cibo. La lista è ormai collaudata, soliti attrezzi e ricambi per la bici, luci, un completo per la pioggia, un ricambio di tutto il vestiario, materassino gonfiabile e sacco a pelo. Se sarà asciutto dormirò sulla solita panchina all’aperto, in caso di pioggia cercherò un posto coperto o una camera.

Venerdi pomeriggio passo a prendere Luca e prima di sera siamo a Bolano, alla base di partenza, dove ci attendono Mauro, Francesco e il loro staff

 

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e i due “colleghi” Pascal e Giovanni, che giusto per riscaldarsi un po’ è arrivato direttamente da Torino in bici! Cena insieme a tutti i concorrenti di Alta via stage race, quattro chiacchiere e notte in tenda fornita dall’organizzazione.

 

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Arriva finalmente il giorno della partenza, prepariamo le bici e attendiamo lo start ufficiale dello stage race, previsto per le 10. Oggi si parte un po’ tardi, perciò prevediamo di fare circa 110 km e 3400 m/d prima di notte. Lasciamo partire i concorrenti, e alla fine ecco i 4 moschettieri pronti alla grande sfida!

 

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La prima tappa è la più semplice, se cosi si può dire, tutta pedalabile. Dopo un po’ ognuno tiene il suo ritmo di pedalata e io me la prendo con “calma”, fermandomi due minuti ogni ora a mangiare qualcosa. Ci sono da fare 20000 metri di dislivello e non voglio certo bruciarmi il primo giorno. Dopo qualche ora c’è un graditissimo ristoro organizzato da stage race e visto che sarà l’unico che troveremo in questi giorni, ne approfittiamo alla grande. Torte salate, crostate, dolci di tutti i tipi e specialità liguri a volontà.

 

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Complimenti alle cuoche! Mentre arrivo al ristoro i miei compagni ripartono, cosi ne approfitto per pedalare e scambiare qualche parola con il simpatico Massimo Alfero conosciuto la sera prima. Ogni tanto incrociamo il defender di Mauro che si ferma nei punti strategici con Francesco e il resto dello staff per fotografare e filmare.

 

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Arrivo a Sesta Godano, sede di arrivo della prima tappa della Stage race, e trovo i miei compagni, arrivati da poco, che si stanno rifocillando al ristoro di arrivo e mi aspettano per ripartire. Salutiamo Massimo e gli organizzatori della Stage race, facciamo loro i complimenti per l’ottima organizzazione e ripartiamo con una piccola tappa di trasferimento su asfalto verso Varese ligure. E’ solo il primo pomeriggio e siamo carichi per pedalare fino a sera. Dopo un’oretta Giovanni e Luca aumentano il ritmo, Pascal cerca di stargli dietro, io invece comincio a soffrire il gran caldo lungo la salita e mi fermo spesso per alimentarmi e riposare qualche minuto. Sono in leggera crisi, so che devo mangiare un po’ più spesso del normale, ma non mi spavento.

 

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Con calma arriverò al passo del Bocco, e domani sarà un’altra giornata. Cominciano i saliscendi caratteristici dell’alta via dei monti liguri. Quando sembra di essere arrivati in cima, c’è ancora una collina da passare, e allora giù e su. Quando invece sembra che debba iniziare una lunga discesa, c’è ancora una cresta da attraversare, e poi un’altra. E allora su e poi giù. E’ qui che entra in gioco la testa, mai porsi un obiettivo o avere una speranza, bisogna accettare quello che viene, che sia salita durissima o discesa impegnativa e continuare a pedalare. Tanto prima o poi si arriva!

 

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Ad un certo punto scorgo Pascal non tanto lontano e in breve lo raggiungo. Adesso è lui a essere in leggera crisi, gli indico una fontana e finalmente riempiamo le borracce ormai vuote. Quando ripartiamo manca ormai poco al passo, ma lui rimane un po’ indietro. Verso le 20.30 arrivo al rifugio. Giovanni, Luca e lo staff sono arrivati da mezz’ora, Pascal arriva 20 minuti dopo e si decide di dormire nelle comode camere del rifugio, visto che l’indomani la tappa sarà molto, molto impegnativa, con tante ore di portage. Cena con pastasciutta e cinghiale e alle 23 siamo a letto. Oggi abbiamo fatto 110 km e 3400 metri di dislivello come previsto.

Sveglia alle 4.15 e partenza prevista prima dell’alba, alle 5. Purtroppo nella notte il cinghiale ha continuato a galoppare nel mio stomaco e ho dormito poco e male, forse un paio di ore. Mi alzo, vado in bagno e mi libero, ma ho la bocca completamente secca. Ci vorrebbe almeno un tè caldo, ma il bar è naturalmente chiuso e riesco a mangiare a fatica un paio di dolcetti avanzati dal ristoro di ieri. La giornata non inizia sotto i migliori auspici, ma intanto partiamo e poi si vedrà. Si parte subito con la bici in spalla,

 

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prima 10 minuti, poi 30, poi ancora 40 fino ai 1690 metri del monte Aiona. Lo stomaco non sta benissimo e faccio fatica ad alimentarmi, ma sono nel mio ambiente preferito e un po’ alla volta riprendo le forze.

 

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Luca ha un gran passo in salita e mi stacca, ma quando inizia la discesa è costretto a fare molti tratti a piedi, mentre io con la fat full e la sella bassa scendo allegramente e lo raggiungo senza problemi. Dal monte Aiona a la Sguazza ci sono più di mille metri di discesa molto bella e varia, specialmente l’ultima parte su sentiero tecnico con sassi e scalini a volontà. Me la godo tutta, è la giusta discesa che ripaga di tante ore a spinta. Ci ritroviamo a Belpiano prima di mezzogiorno e finalmente posso bere un tè caldo. Non c’è però Pascal, che probabilmente ha mancato un bivio in discesa e si è perso da qualche parte. Mentre l’organizzazione cerca invano di contattarlo, ci concediamo un po’ di riposo, mangiamo qualcosa e ripartiamo.

 

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La prevista pioggia ci ha graziati fino adesso, ma improvvisamente tuoni e fulmini si scatenano. Un ora di pioggia battente e non c’è giacca antipioggia che regga! Sono fradicio e solo e sto portando la bici in spalla su un sentiero quasi verticale, in un territorio sconosciuto verso il rifugio Caucaso. Sul road book sono previsti 5 minuti di portage, invece è mezz’ora che cammino scivolando sulle rocce bagnate. Ecco, questa è la ricerca del limite, questo è quello che sto cercando. Arrivo a Barbagelata, trovo la trattoria della Giassina dove gli altri si sono da poco fermati e ordino una doppia porzione di lasagne. Mi portano anche un piatto di carne, ma la giornata è ancora lunga e non è il caso di esagerare, riempio due panini e li metto nello zaino come scorta. Giovanni è già partito, Pascal non si vede e io riparto con Luca.

 

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Ci aspetta adesso un tratto molto impegnativo verso il passo del Colletto con tanti tratti di portage. Purtroppo la nebbia ci impedisce di godere del panorama dalle creste. Tratti a spinta si alternano a bei sentieri pedalabili nel bosco, poi un tratto molto tecnico e smosso in discesa. Supero Luca senza problemi e lo aspetto in fondo. Dopo qualche minuto arriva spaventato e claudicante, ha tentato anche lui di fare la discesa in sella ed è finito in una scarpata, fermato per fortuna da un albero. Purtroppo però si è fatto male ad una spalla, ma per il momento riesce a continuare. Gli sto vicino fino a Montaggio, dove arriviamo verso sera ed entriamo in una pizzeria, dopo aver chiesto se nelle nostre condizioni, bagnati e infangati, ci accettavano. Nel frattempo arriva anche Giovanni e lo staff sul defender e decidiamo di cercare un b&b in paese, visto che siamo tutti piuttosto stanchi. Il nostro programma era di fare altri 27 km fino a Isoverde, ma la pioggia ci ha rallentato e una buona doccia ci rimetterà in sesto. In ogni caso abbiamo fatto 100 km di sentieri e portage e 4000 metri di dislivello con la pioggia, perciò siamo soddisfatti. Alle 22 ricompare anche Pascal, ha ripreso la traccia e con calma è riuscito a raggiungerci, bravo!

Alle 4.20 suona la sveglia, ma la giornata non comincia bene. Fuori tuoni, fulmini e pioggia, mentre Luca non sta bene, è dolorante per la caduta di ieri, non ha dormito niente e decide, a malincuore, di ritirarsi. Salutiamo l’amico, diamo un’oliata alle bici e partiamo prima dell’alba. Giovanni è il primo, poi ci muoviamo anche io e Pascal. Al momento ha smesso di piovere, ma le previsioni non sono buone. Cominciano i su e giù e ricomincia anche la pioggia. E anche forte. Ma ormai siamo abituati, peccato solo che ci rallenti l’andatura, visto che sentieri e forestali sono pieni di fango e grandi pozze che è meglio evitare a zig zag per non rimanere impantanati. Anche in questo frangente le grandi gomme della fat danno il meglio. Dopo tre ore arriviamo a Isoverde e possiamo fare finalmente colazione. Al bar troviamo Giovanni che si sta già rifocillando. Tè, caffè, cornetti a volontà, che goduria! Un salto in bagno, pieno di acqua e possiamo ripartire. Esce anche un timido sole. Lunga salita verso colla di Praglia, bella ma dura discesa verso il passo del Veleno e poi lunga salita verso il Faiallo. Pascal va avanti, io ho un attimo di crisi e mi fermo a mangiare un gel.

 

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Con calma arrivo al rifugio Faiallo, la fame è tanta e mi fermo a mangiare una pasta insieme allo staff, mentre Pascal continua. Quando riprendo il tempo peggiora nuovamente, tuoni e fulmini in lontananza, ma per fortuna sulla cresta del monte Reixa sono sopravvento, tanto vento ma poca pioggia. Cresta lunghissima e infinita, salgo e scendo in un ambiente selvaggio, spingo, ho il vento in faccia e non lontano tuona, sono solo nella nebbia e ho già fatto 3000 m/d, ma me la sto godendo.

 

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Ancora un po’ di salita, ma già mi sto pregustando la discesa dai 1290 del Beigua fino alla quota zero di Varazze. Eccomi in cima, adesso 25 km di discesa (e qualche risalita, che non guasta mai!) fino al mare. Divertimento assoluto, prima sentiero scassato, poi sulla pista dh, salti, paraboliche, ripidoni e qui la scelta della fat full con zaino si conferma perfetta.

 

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E a seguire giù sul sentiero FS, l’unico che già conosco, mi ci aveva infatti portato due anni fa il suo creatore, il grande Riccardo Dongo di Varazze. Anche qui divertimento a gogò, e giù in velocità sulle incredibili compressioni del bellissimo sentiero. Alle 19 sono a Varazze, dopo l’ultimo tratto di ciclabile sul mare, e ritrovo Giovanni e Pascal.

 

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Giovanni è sfortunatissimo, si era già avviato verso il Giovo, ma è dovuto tornare indietro perché ha rotto la ruota libera. Nei negozi il ricambio non si trova, ma l’intervento di Mauro e dello staff riesce a risolvere il delicato problema. Intanto io e Pascal ci mangiamo un paio di panini sul lungomare.

 

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Sono le 20, Pascal e Giovanni decidono di fermarsi a dormire a Varazze, io invece ho ancora energie e decido di proseguire verso il colle del Giovo, visto che sono in ritardo sulla mia tabella di marcia. Salita dura verso il santuario, anche questa l’avevo già fatta insieme a Riccardo, ma con lo zaino pesante è veramente durissima. Poi arriva il buio, accendo le luci e proseguo sul sentiero per Alpicella. Stretto, tratti esposti e tratti a spinta, fatto col buio è veramente impegnativo. In più i versi dei vicini cinghiali nel buio sono piuttosto inquietanti. Ma anche questa è una bella esperienza. Dopo il paese ancora sentiero al buio con portage, forestali in salita e in discesa e finalmente, dopo le 1.30 di notte, sono al colle del Giovo. Più di 110 km e 4000 m/d, per oggi può bastare. Il tempo è migliorato, tiro fuori il sacco a pelo e mi addormento sotto le stelle, fantastico!

 

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Alle 5 la prima luce mi sveglia, indosso i vestiti bagnati e puzzolenti e riparto. Avrei bisogno di fare colazione, di un tè caldo o di un caffè, invece mi aspetta subito una salita durissima e anche se su asfalto sono costretto a fare dei tratti a piedi.

Ci metto più di due ore per arrivare ad Altare, dove finalmente faccio il pieno di cappuccino, cornetti e focacce farcite per le ore seguenti. E poi ancora salite e discese, a non finire. L’alta via dei monti liguri è cosi, bisogna abituarsi. Io invece sono abituato ai sentieri delle alpi: vanno o in su o in giù, nel senso che prima si arriva ad una cima, o ad un maso, e poi si scende. Qui invece no, quando sembra che un sentiero scenda, improvvisamente e senza nessun motivo apparente, senza essere arrivato in nessun posto, comincia a risalire da un’altra parte. Bene, adesso lo so e allora soffro in silenzio e pedalo. Colle del Melogno, ancora creste infinite, e adesso discesa su Bardineto. E che discesa, sul sentiero della superenduro, tutta in velocità e ancora una volta ringrazio di aver scelto lo zaino. Alla fine del sentiero incrocio i ragazzi dello staff che fotografano e filmano a volontà. Già mi pregusto il video professionale che verrà montato! Piccola pausa per un panino e poi via di nuovo, lunga salita e poi 30 min di portage fino al monte Carmo. E’ anche uscito il sole e finalmente posso godermi un po’ di panorami. Lunga discesa e poi ancora su e giù infiniti, ma adesso sempre pedalabili. Ho finito l’acqua da un po’, ma quando arrivo alla fontanella che mi sono segnato è purtroppo asciutta.

Alle 19 mi raggiunge Giovanni e arriviamo al colle San Bernardo, dominato dalle enormi pale eoliche ormai numerosissime in tutta la Liguria. Dovremmo fare adesso uno dei tratti più impegnativi in assoluto, circa 5 ore di creste con tantissimo portage. Ma fra poco sarà buio, abbiamo poca acqua (io niente), e si sta avvicinando un altro temporale. Troppo pericoloso continuare, decidiamo perciò di passare la notte nell’albergo abbandonato dietro a noi. In quel momento arriva anche Pascal. Ci abbracciamo e ci rifugiamo all’interno mentre comincia il temporale. Puliamo un po’ di vetri rotti per terra e ci sistemiamo per la notte con i materassini gonfiabili e i sacchi a pelo. Finalmente faccio riposare e asciugare un pò i miei piedi ormai macerati da  tre giorni di pioggia.  Anche oggi i nostri 4000 m/d ce li siamo fatti!

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Alle 4.15 suona la sveglia. Solito rito: mangiamo un paio di barrette e biscotti mentre riponiamo tutto in ordine nello zaino o nelle borse di bikepacking, diamo una oliata alla catena e prima dell’alba siamo pronti per ripartire. Per fortuna, dopo tre giorni di piogge e temporali, oggi è sereno. Sono contento, perche dovremo salire fino sopra i duemila metri e con il sole sarà un’altra cosa. Sono ancora senza acqua, ma ho sentito Mauro per telefono e mi ha detto che dopo il Bocchino delle Meraviglie dovrei trovarne. Infatti, meraviglia, una bellissima cascata scende dalla montagna e riempiamo le borracce. Intanto Giovanni allunga il passo e da qui in avanti non lo rivedremo più.

 

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Attraversiamo uno dei tratti più duri, ma anche più belli, di tutta l’alta via, il colle del Prione e il colle San Bartolomeo, tanto portage, ma anche sentieri bellissimi e panorami stupendi

 

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e anche qui, tanto per cambiare, quando sembra di essere arrivati c’è sempre davanti un altro colle, e ancora più duro.

 

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Pascal ed io non ci facciamo intimorire, bici in spalla e via, e pedalare quando si può. Un tratto che fatto all’alba è ancora più bello!

 

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Finalmente, dopo tre ore per fare 16 km, arriviamo al rifugio Pian dell’Arma, e finalmente cappuccino e tre fette di torta. Prezzo? 3.50 euro!

 

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Ci intratteniamo un po’ con la simpatica gestrice che sta facendo tagliare l’erba sui sentieri dove fra due giorni passeranno i “colleghi” della Stage race che abbiamo conosciuto il primo giorno. In più sarà lei a preparare il ristoro di giornata. Salutiamo e proseguiamo fino al monte Airolo, dove ci aspetta un’altra bellissima discesa del circuito superenduro fino al colle di Nava. Questo è l’unico paese che incontriamo oggi, ci fermiamo perciò a comprare delle batterie per il gps e dei panini per ricaricare il nostro corpo. Ci raggiungono anche i ragazzi dello staff, sempre pronti a filmare, anche le soste al supermercato. Quando ripartiamo, vedo Pascal che si attarda e armeggia al gps, prova e riprova ma non riesce più a riaccenderlo. Per fortuna siamo insieme, se no non potrebbe concludere il giro. Mi dice semplicemente: devo venire con te, e io gli rispondo che non ci sono problemi, tanto ormai ci conosciamo e abbiamo visto di avere lo stesso passo o quasi, leggermente più veloce lui in salita e un po’ più veloce io in discesa. E poi è bello condividere una esperienza cosi affascinante e impegnativa, sia nei momenti di divertimento che in quelli di crisi. Fino al forte Pozzanghi salita durissima, quasi tutta a spinta, poi ancor 1000 metri di dislivello per arrivare al monte Fronte a 2100 metri.

 

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Il tempo è ottimo, la gamba è buona e adesso comincia uno dei tratti più belli in assoluto di tutto il divide: la via del sale, più di 25 km ad altezze fra i 1700 e i 2150 metri, bei sentieri e panorami stupefacenti.

 

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Si pedala sulle solite creste, si sale e si scende, ma qui è tutto pedalabile. Al monumento al Redentore siamo al punto più alto di tutto il tour, 2143 metri.

 

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Poi si scende e si risale ancora, all’infinito. Scendiamo fino alla gola dell’Incisa, qui si sconfina in territorio francese e Pascal si sente a casa. Poi bisogna risalire su un sentiero con tratti esposti fino al passo di Fonte Dragurina.

 

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Il sentiero sarebbe pedalabile per la maggior parte, ma oggi abbiamo già fatto 4500 m/d e cominciamo ad essere piuttosto stanchi, perciò spingiamo le bici con calma per non rischiare.

 

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Superato l’ultimo breve tratto con corde fisse, arriviamo al passo e torniamo in territorio italiano.

 

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Comincia qui una delle discese più belle e incredibili che io abbia mai fatto, un sentiero infinito, più di 1300 metri di dislivello fino a Buggio. La prima parte stretta con sassi smossi, poi un sentiero tecnico con tantissimi tornanti e alti gradoni, il tutto fra una marea di ginestre in fiore.

 

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Avevo già fatto discese anche da 2500 metri di dislivello, ma mai su sentiero unico, impegnativo e divertente fino alla fine. Qui la fida bucksaw da il meglio di se e mi fa divertire in sicurezza fino in fondo, lo zaino pesante mi sbilancia un po’, specialmente nei nose press, ma è sempre molto meglio dell’assetto in bikepacking di Pascal, infatti ogni tanto mi fermo e lo aspetto, lui scende molto prudentemente e ogni tanto deve spingere la bici. Gli organizzatori hanno fatto, fra l’altro, un ottimo lavoro, l’erba è tagliata dall’inizio alla fine del sentiero. Ormai è sera, ma la discesa sembra non aver mai fine, mollo i freni, faccio una decina di tornanti e mi fermo volentieri ad aspettare Pascal cosi mi riposo un po’. Eccoci finalmente a Buggio, sugli ultimi tornanti spuntano i ragazzi dello staff per le solite riprese

 

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e non faccio nessuna fatica a mostrare il sorriso, mi basta pensare alla meraviglia di questa ultima discesa. Passiamo il caratteristico paesino

 

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e scendiamo ancora fino a Pigna. I ragazzi ci dicono che Giovanni è passato da un paio di ore e ha tirato diritto senza fermarsi, vuole infatti arrivare nella notte ad Airole. Ma ormai sono le 20 e siamo stanchi, vediamo una invitante insegna “Bed & pizza”, sistemiamo bici e borse in camera e ci godiamo una ottima pizza. Mentre mangiamo studiamo il programma per domani, mancano ancora 35 km e gli ultimi 1500 metri di dislivello. Sono circa 4 ore più qualche piccola pausa, se partiamo come al solito alle 5, dovremmo essere all’arrivo entro le 10. E visto che il primo giorno siamo partiti alle 10, saremmo ancora entro i 5 giorni, cioè il tempo che mi ero prefissato all’inizio. Tutto questo nonostante la pioggia che ci ha rallentato non poco e che abbiamo sempre dormito la notte, cosi ci siamo potuti godere gli splendidi panorami. Ottimo! Via a nanna allora e solita sveglia alle 4.15. Per colazione do fondo alle ultime barrette che mi sono portato da casa, oliata alla catena e via. Lunghissima salita con molti tratti in piano e in discesa, psicologicamente molto dura. Pascal è davanti e io lo seguo.

 

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Quando mi sembra di essere quasi in cima, do fondo alle ultime energie e mi metto davanti a tirare. Invece no, discesina e poi ancora salita, che sembra non avere mai fine. Tiro fuori l’ultimo gel dallo zaino e lo succhio avidamente, anche l’acqua è quasi finita. Eccoci in cima, questa volta forse è vero, comincia l’ultima discesa. 1000 metri di dislivello e ci siamo. Sono le 9, ce la faremo entro le 10? Scendiamo sul bel sentiero che perde quota poco rapidamente , meno tecnico di quello di ieri, infatti ogni volta che mi fermo Pascal arriva quasi subito, ma molto bello panoramicamente.

 

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Anche qui cascate di ginestre in fiore e panorami che spaziano fino al mare, magnifico.

 

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Comincia un bel sentiero in diagonale fra muretti a secco recuperati con qualche tratto a spinta. Oggi anche Pascal si diverte in discesa. Ultima risalita e 5 minuti con la bici a spinta, dopo tutte le ore di portage fatte, questo è niente. Alle 9.40 siamo sopra le splendide vigne di A trincea, all’ultima curva sbuca Francesco ch ci dice di fermarci finche Mauro e gli altri ragazzi dello staff si saranno piazzati con fotocamere e videocamere. Io e Pascal ci guardiamo, ma allora siamo arrivati! Partiamo e facciamo gli ultimi duecento metri appaiati,

 

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ci sembra giusto arrivare insieme dopo 5 giorni di gioie e fatiche condivise. Alle 9.45 siamo all’arrivo di questa fantastica avventura, la più impegnativa e difficile, ma anche bella e divertente, che io abbia mai fatto.

 

Mauro, Francesco e gli altri si complimentano con noi e io e Pascal ci abbracciamo.

 

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Ci abbiamo messo quasi 120 ore per fare 560 km e quasi 20000 metri di dislivello, con tante ore di portage. Ci dicono che Giovanni è arrivato all’una di notte ed è subito ripartito per casa. Bravissimo! Io però sono contento di avere dormito questa notte, perche fare di giorno l’ultima discesa è stato bellissimo, perdersi questi panorami eccezionali con il buio sarebbe stato un peccato. Chiediamo subito da mangiare e bere, perché da ieri sera abbiamo buttato giù solo qualche barretta. Finalmente un caffè e una focaccia ligure e cominciamo a capire di essere arrivati. Ma l’adrenalina è ancora prepotentemente in circolo e ci vorrà qualche giorno per smaltire il tutto e capire il senso di quello che abbiamo fatto. Ci riposiamo un po’, poi saluto e ringrazio Mauro, Francesco e gli altri per come hanno organizzato questa fantastica avventura, abbraccio Pascal e ci diamo appuntamento al mio trail che organizzo in Alto Adige e parto per gli ultimi 15 km verso Ventimiglia. Scendo verso Airole su asfalto, poi vedo le indicazioni del sentiero per il paese e non so resistere. Parto e senza saperlo eccomi sul sentiero della superenduro di Airole! Bellissimo, la quarta superenduro di questi giorni, ringrazio ancora di avere la fat full fra le gambe e mi butto su sponde e salti fino in centro al paese. Alla fontana riempio l’ultima borraccia di acqua e chiedo la strada migliore per Ventimiglia ad un simpatico vecchietto, che mi indica la vecchia strada statale dimessa in modo da non passare per le gallerie. Arrivo in città e mi concedo birra e gelato che non avevo mai preso in questi giorni, per paura che potessero farmi male. Infine chiudo questi di 5 giorni di pedalate da La Spezia a Ventimiglia, passando per l’Alta via dei monti liguri, con un rinfrescante tuffo in mare.

 

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Tornando in treno, fra un dormiveglia e l’altro, penso che ho rispettato i tempi che mi ero dato e sono soddisfatto, ma anche che trovando le condizioni meteo ottimali il Divide si potrebbe finire sotto le 100 ore senza troppe difficoltà. Ma anche un biker discretamente allenato lo può fare prendendosi una settimana di ferie e vivendo una fantastica avventura in autonomia. L’importante è avere voglia di esplorare, di andare alla ricerca dei propri limiti e anche di saper soffrire quando serve, sapendo che si sarà ripagati da emozioni e ricordi che rimarranno per sempre scolpiti nella nostra mente.

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